giovedì 31 marzo 2011

domenica 6 marzo 2011

Di mestiere, leggo- Simonetta Bitasi

DI LAVORO LEGGO. L'esperienza di favorire l'incontro tra libri e ragazzi lettori.


Di lavoro leggo. Spesso faccio fatica a dirlo.
Sento quasi di dovermi giustificare, a volte di dover scontare un privilegio unico o almeno di dover spiegare come da una lunga esperienza in una libreria e dall’affettuosa corrispondenza sin da piccola con le biblioteche io sia arrivata ad essere un lettore ambulante, a leggere per poi girare a raccontare le mie letture. Sulla mia strana attività mi ha dato recentemente un po’ di conforto e coraggio un articolo della scrittrice Zadie Smith che su Internazionale dice: “Leggere, se fatto come si deve, è difficile tanto quanto scrivere... Chi equipara la lettura all’esperienza essenzialmente passiva di guardare la tv, vuole solo svilire la lettura e i lettori. La similitudine più calzante è con il musicista dilettante che sistema lo spartito sul leggio e si prepara a suonare. Deve usare le competenze acquisite con fatica per suonare quel brano musicale. Quanto maggiori sono le sue competenze, tanto più grande è il dono che fa al compositore e quello che il compositore fa a lui. E’ una “nozione” di lettura che ormai sentiamo proporre di rado. Eppure quando fai esercizio di lettura, quando passi del tempo con un libro, la vecchia morale dello sforzo e del compenso è innegabile. Leggere è un’abilità e un’arte. I lettori dovrebbero andare fieri delle loro competenze e non vergognarsi di coltivarle, non fosse altro perché gli scrittori hanno bisogno di loro... Anche il lettore deve avere talento”. Confortante, vero?
Riguardo al leggere vi segnalo una cosa curiosa: in un paese in cui si legge sempre meno e i lettori sono pochi e anche maltrattati il panorama editoriale ci sommerge ultimamente di titoli sulla lettura e i lettori. Non mi soffermerò sui peggiori, la maggior parte, ma su un piccolo gioiello che dice con poche precise parole cosa vuol dire leggere e perché noi lettori cerchiamo di contagiare tutti quelli che incontriamo: ).“Non c’è dubbio che quando leggiamo le parole di un testo le riempiamo della nostra esperienza. Nel momento in cui leggo, è vero, sono come sospeso in un altrove tessuto di ombre e di fantasmi. Leggendo, calati nella logosfera del testo, ci si può persino sentire, a occhi aperti, immersi in un sogno più vero e più vivo della realtà circostante. E tuttavia questo spazio sono io a costruirlo, per animarlo lo reinvento di continuo partecipando del suo movimento nello specchio attivo dell’immaginazione, come invece non può avvenire con le immagini dello schermo televisivo, implacabilmente imposte a un occhio passivo”. (Ezio Raimondi, Un’etica del lettore) Questo per definire il concetto di lettura e anche per darci un minimo di importanza. Leggere certo non ci rende migliori, ma con un gesto apparentemente semplice mette in moto meccanismi ricchi e complessi. Ma una volta che si è entrati, come dire, nella magia della lettura non siamo ancora al traguardo. Perché il problema spesso è cosa leggere e come scegliere tra una produzione sterminata e spesso ingannevolmente pubblicizzata. Per chi si occupa di promozione o meglio contagio della lettura il problema è: “come faccio a sapere che c’è un libro che vale la pena di leggere e poi di far leggere?” I lettori sono esseri fiduciosi e invece cercano di scoraggiarli su tutti i fronti. Ed è ancora peggio quando le logiche puramente commerciali colpiscono la narrativa per l’infanzia. Vediamo come la strada della scelta sia sempre più un percorso faticoso, che spesso induce il lettore meno convinto ad abbandonarla:

1) Le librerie indipendenti con librai e libraie informati, appassionati, competenti stanno ormai scomparendo a favore dei supermercati del libro, dove oltre alla mancanza di consigli, manca anche un’onesta e completa scelta tra la produzione libraria, che penalizza in particolare medi e piccoli editori.

2) Anche nelle biblioteche, oltre a una scelta ampia e completa, spesso è anche difficile trovare indicazioni e informazioni perché ai bibliotecari è praticamente impedito di leggere. Troppo oberati di impegni burocratici e di gestione e sempre gravati da sott’organico, non riescono certo, se non alla sera prima di addormentarsi, a leggere qualche pagina. Nelle biblioteche spagnole (alcune registrano un tesseramento del 70% della popolazione), sono distinti i vari ruoli e ci sono bibliotecari incaricati di leggere.

3) L’informazione dei giornali sui libri è fortemente non attendibile, spesso vittima di giochi di potere e favori reciproci tra operatori editoriali. E comunque molte recensioni non sono frutto, come sarebbe naturale, di una lettura.

4) A un livello superiore, parlando cioè di critica letteraria, non si trova molto di meglio. Totale indifferenza o parole altisonanti e illeggibili non aiutano a orientarsi nella narrativa contemporanea. Più che morta, come dicono molti, la critica letteraria italiana mi sembra in un eterno letargo.

5) Per i cosiddetti operatori poi un utile strumento potrebbe essere quello degli uffici stampa delle case editrici, che naturalmente devono vendere il loro prodotto, che spesso però non conoscono. Perché non leggono. Così anche le campagne stampa sono ingannevoli e tendono a rendere la diffusione dell’informazione libraria stereotipata.

6) La mancanza o la poca qualità della scelta, in particolare nelle biblioteche, è causata da improvvide scelte amministrative, che preferiscono spendere magari su un grande e unico evento che sull’acquisto dei libri. O che pongono come unico criterio di scelta del fornitore lo sconto praticato. In questo modo si offende l’intelligenza dei lettori o dei futuri lettori, facendo loro mancare la materia prima. Ma si sa una biblioteca che funziona grazie a un buona e costante fornitura di libri e al lavoro e alla competenza di personale qualificato non è una vetrina sufficientemente eclatante per la campagna politica.

Cosa rimane? Incontrarsi tra lettori, condividere le letture. Frequentare e far conoscere ai bambini librerie e biblioteche. Per i lettori adulti poi uno strumento di incontro e scambio ancora abbastanza attendibile è internet. Per ora blog, forum, siti sulla passione per leggere ribaltano i punti precedenti e sono un’oasi per chi ama leggere e far leggere.
Un modo molto più limitato, ma che si sta diffondendo sempre più è il fenomeno dei gruppi di lettura. Per molti la lettura è un’attività solitaria e anch’io non nego che la partita vera si gioca tra il lettore e il libro. Questo rimane il nucleo essenziale e indispensabile della magia del leggere. Quando ho letto un bel libro il cerchio idealmente si chiude e sia io che ho letto, in qualche modo riscrivendo il libro, sia lo scrittore abbiamo svolto appieno il nostro ruolo. Però è innegabile che quando sono rimasto colpito da un libro mi viene voglia di comunicarlo senza forse arrivare all’affermazione estrema di Peter Bichsel: “E so cosa mi porterei dietro su un’isola completamente deserta, dove si è totalmente soli e senza nessuna possibilità di tornare indietro... in realtà non mi porterei dietro nessun libro, perché senza una comunicazione quotidiana cesserebbe sia la lettura che la scrittura. Ho bisogno degli altri almeno per far sapere che ho letto.” (Il lettore, il narrare). Allo scrittore svizzero i gruppi di lettura sarebbero probabilmente piaciuti. Lo loro funzione è quella di condividere una passione ma anche di scambiarsi informazioni e far girare sempre più libri. Un paio di anni fa ho partecipato al primo raduno italiano dei gruppi di lettura ad Arco di Trento dove erano ospiti anche alcuni bibliotecari spagnoli (sempre la Spagna...). Sono venuta così a conoscenza di gruppi per bambini e ragazzi e così ho proposto anche a Mantova di provare a crearne uno in biblioteca. Capitan Uncino esiste da due anni e si è clonato: i ragazzi infatti si sono divisi in junior (11-13 anni) e senior (13-16). Lavorano come consulenti agli acquisti della biblioteca, hanno compilato una bibliografia con le loro letture preferite, stanno realizzando un giornalino per meglio consigliare i loro coetanei. Come gruppo sono entusiasti, autonomi, curiosi e più facilmente gestibili degli adulti. Non assomigliano al ritratto che si fa degli adolescenti allergici alla lettura e ai libri. E sono sicura che non sono un caso a parte, tutt’altro.
Per estendere il contagio della lettura quindi ...basta leggere. Però devono lasciarcelo fare predisponendo luoghi della lettura piacevoli e invitanti, dove trovare magari professionisti che ci possono consigliare; con informazioni attendibili per trovare i “nostri” libri; creando una diffusa cultura del libro come oggetto quotidiano e “naturale” e non come materia di studio e mezzo di punizione. Nasciamo potenziali lettori. Se lo diventeremo sarà grazie all’incontro con il libro giusto. Ecco, io voglio fare questo: favorire l’incontro tra i libri e i loro lettori che li stanno, magari inconsciamente, cercando.

Vai il suo blog:  LETTORE AMBULANTE,  e vedi le bibliografie!

sabato 5 marzo 2011

Antonella Agnoli, una bibliotecaria

Antonella Agnoli Gli spazi dell'informazione nella biblioteca per ragazzi
(da Bibliotime )
Per immaginare cosa significa un servizio reference per ragazzi possiamo partire da un dialogo tra il bibliotecario e un piccolo utente.
Bibliotecario: Hai trovato quello che stai cercando?
Bambino: Sì... avete dei libri sull'arte?
Bibliotecario: Certo, abbiamo molti libri sull'arte. Arte di quale periodo?
Bambino: Come?
Bibliotecario: Stai studiando arte italiana, arte degli antichi greci, o cosa?
Bambino: No, i Greci li abbiamo studiati l'anno scorso.
Bibliotecario: Stai facendo una ricerca per la scuola o ti interessi d'arte perché piace a te?
Bambino: No, no è per la scuola, a me l'arte non interessa.
Bibliotecario: Che classe fai?
Bambino: La quarta.
Bibliotecario: State studiando qualche paese in particolare?
Bambino: Sì, la Cina.
Bibliotecario: E cerchi qualcosa sull'arte cinese?
Bambino: No, quello lo faremo dopo Natale.
Bibliotecario: Ti servono dei libri su pittori famosi, dove ci sono dei quadri come la Gioconda?
Bambino: La mia mamma dice che non si deve dire "gioconda" alla maestra.
Bibliotecario: Vuoi un libro su come imparare a dipingere?
Bambino: Mi serve un libro sull'inverno.
Bibliotecario: Un libro d'arte con delle scene invernali? Gente che pattina, cose così?
Bambino: Sì, basta che dicano come fare i fiocchi di neve.
Bibliotecario: Ti serve un libro che dica come fare i fiocchi di neve? Ritagliandoli dalla carta?
Bambino: Proprio così. Dobbiamo decorare la bacheca con dei fiocchi di neve e la maestra ci ha detto che un libro d'arte sarebbe utile.
Bibliotecario: (Commenti irriferibili sulla maestra).
Questo dialogo è immaginario [1], ma in realtà si svolge tutti i giorni in tutte le nostre biblioteche e non sempre l'utente spaesato frequenta la quarta elementare. Direi anzi che molti adolescenti e forse ancora di più molti adulti vengono al servizio reference con un atteggiamento simile. Il primo principio che il servizio per i ragazzi dovrebbe quindi seguire è quello di NON essere separato dal reference per adulti. Questa mescolanza è non solo utile, ma necessaria per varie ragioni:
  1. Innanzi tutto, gli utenti che non hanno familiarità con la biblioteca sono tutti nella posizione del nostro bambino di quarta elementare. A qualsiasi età, chi non è mai entrato in una biblioteca, o ci è venuto soltanto per leggere i quotidiani senza mai toccare un libro, si trova di fronte agli scaffali come a un mondo misterioso. Sa che esistono milioni, miliardi di informazioni ma è questa stessa abbondanza ad intimidirlo. Quasi mai è capace di tradurre un problema in una richiesta di informazione strutturata. L'adulto che vuole "qualcosa sui coccodrilli" potrebbe essere interessato a un viaggio in Florida come ad acquistare una borsetta per la moglie, potrebbe cercare informazioni sui safari come invece essere un ecologista preoccupato dell'estinzione degli animali selvaggi. L'intervista del bibliotecario all'utente in difficoltà è un momento fondamentale del rapporto tra cittadini e biblioteca, un momento direi decisivo nella valutazione dell'utente sulla qualità dei servizi offerti. A questo momento noi non dedichiamo quasi nessuna formazione e questo è a mio parere un gravissimo errore.
  2. In secondo luogo, se le cifre sull'analfabetismo funzionale come piaga della società italiana sono vere, circa un terzo degli adulti sono, rispetto alla biblioteca, in una condizione peggiore di quella del nostro bambino di quarta elementare. Il nostro giovane utente, infatti, ha dalla sua non solo la faccia tosta dei bambini, la loro completa mancanza di inibizioni, ma anche la sicurezza che gli viene dal fatto che a scuola, implicitamente o esplicitamente gli hanno detto: "Vai in biblioteca". L'adulto al contrario, ammesso che conosca la biblioteca e che ne abbia una a portata di mano, considera in qualche modo vergognoso chiedere qualcosa a un "esperto" e teme soprattutto di rivelare la propria condizione di ignoranza, di difficoltà a esprimersi in italiano, di estraneità alla biblioteca. Mentre il giovane utente chiederà allegramente un libro d'arte con l'obiettivo di imparare a ritagliare le ghirlande di carta, l'adulto penserà dieci volte a una domanda molto precisa e specifica e si deciderà a porla solo se non può assolutamente farne a meno. Quasi sempre sarà una domanda del tipo: "Dove sono le guide della Florida?" piuttosto che una richiesta di aiuto per trovare una enciclopedia sui grandi rettili o un CD-ROM proprio sui coccodrilli, perché di questi prodotti facilmente disponibili in realtà ignora l'esistenza.
  3. Bambini e adulti dello stesso livello culturale hanno abilità differenti e approcci differenti all'informazione. Se si chiede a un adulto in difficoltà se vuole un CD-ROM è probabile che non sappia cosa sia ed è certo che non saprà come usarlo. Se invece lo si offre a un bambino, quasi sicuramente saprà come cavarsela, non fosse altro perché i genitori gli hanno comprato una playstation. Purtroppo i nuovi media creano l'illusione non solo di possedere la conoscenza ma anche di saperla organizzare; ma è solo un'impressione creata dalla facilità d'uso. Acquisire ed elaborare le conoscenze è un'altra cosa. Il ruolo del bibliotecario mediatore, educatore, diventa quindi indispensabile, non solo per trovare l'informazione, ma per elaborarla, trasformarla, trattarla e materializzarla secondo i bisogni dell'utente. Il compito di chi lavorerà con i ragazzi sarà quello di aiutarli ad utilizzare al meglio le risorse dei vari documenti. Anche per questo molte biblioteche non separano i materiali tra adulti e ragazzi: in Francia musica, cinema, molti CD-Rom sono insieme. D'altra parte, un adulto può preferire il rassicurante formato di una enciclopedia, oppure la visione di una videocassetta, cioè l'uso di strumenti che gli sono familiari. Mescolare bambini e adulti può quindi creare un ambiente informale in cui gli utenti bisognosi di informazioni si spiano, o magari si aiutano, a vicenda. E' una strategia che può servire a creare un ponte tra i ragazzi e gli adulti ma anche fra i diversi supporti informativi.
In generale, il problema del reference non può essere separato da quello della biblioteca come luogo di mediazione. Mediazione tra pubblici diversi, competenze diverse, bisogni diversi. L'idea guida deve essere quella di una biblioteca flessibile, di una biblioteca che sia luogo di incontro di socializzazione, di una biblioteca "amichevole".
Principi che si sono tradotti nella riorganizzazione della biblioteca per poli tematici all'interno delle quali si trovano sia materiali per ragazzi sia materiali per adulti, magari distinti da un bollino di colore diverso. In queste biblioteche vi è una sezione separata per i bambini piccoli, mentre tutti gli altri documenti stanno insieme. Modello già presente in molte piccole biblioteche, che trovano non economico e poco efficiente duplicare documenti e competenze, che si sta diffondendo anche in grandi strutture bibliotecarie come nella biblioteca di Montpellier nel sud della Francia.
Non dobbiamo dimenticarci, infatti, che i ragazzi un po' più grandi, o semplicemente un po' più maturi della loro età, detestano restare ghettizzati in materiali "infantili" mentre accade che adulti un po' in difficoltà con materiali ostici o semplicemente specialistici traggano piacere e vantaggio dall'iniziare la loro ricerca con materiali "per ragazzi".
In una biblioteca dove i pubblici si mescolano, dove non esistono barriere i servizi di reference possono esercitare un ruolo strategico per questo è bene che, se il reference desk deve esistere, che sia centrale e ben visibile. Spesso le hall delle biblioteche hanno un servizio di orientamento e il bancone del prestito mentre l'informazione bibliografica sta invece molto più in là spesso nascosta. Penso che i servizi di reference debbano essere centrali e ben visibili, che fossero un punto di attrazione "naturale" per tutti gli utenti che devono potersene servire senza difficoltà, direi senza pensarci due volte.
Questo significa, naturalmente, un servizio labor-intensive, un servizio con personale molto qualificato pronto a soddisfare bisogni cognitivi ma a volte anche affettivi, dove le richieste degli utenti non vengono spicciate in fretta come al McDonald's ma piuttosto trattate con la cura che richiede la preparazione di un grande bollito misto in un ristorante di prima categoria.
Il bibliotecario del reference deve avere competenze sui materiali disponibili e sulle strategie di ricerca ma anche abilità nella ricerca di siti Internet. Da questo punto di vista penso sia più pratico assumere dei giovani che conoscono a memoria 5.000 siti piuttosto che sottoporci noi, faticosamente, a un apprendistato sulle differenze tra Yahoo e Google. La biblioteca pubblica di San Francisco, per esempio, ha già iniziato a reclutare personale specificamente addetto a rispondere a domande del tipo: "Come trovo un indirizzo e-mail in Cina?"
Un altro punto chiave è il principio che la biblioteca non può essere autosufficiente, ammesso che lo sia mai stata. Oggi, reference significa anche indicare indirizzi e siti Internet di associazioni, enti, servizi comunali o regionali che potrebbero essere utili ai nostri utenti. Possiamo avere molti libri e molti materiali elettronici sulla difesa dell'ambiente, ma parte della nostra missione è anche il saper indirizzare gli utenti a Lega Ambiente, al WWF oppure a Greenpeace.
Infine: quanto tempo dedicare agli utenti? Fornire o no informazioni per telefono? Mettere in piedi un servizio di risposta per posta elettronica o no? Tutte queste sono scelte che solo la singola biblioteca può decidere di fare, analizzando il suo pubblico, reale e potenziale. Dobbiamo creare nuovi servizi anche quando apparentemente non c'è domanda perché è l'offerta a creare la sua domanda, o meglio a fare emergere domande latenti, bisogni nascosti ma reali. Gli utenti ragazzi sono esigenti, sanno utilizzare tutte le tecnologie con grande abilità, comunicano attraverso i messaggi telefonici, hanno una vera passione per la posta elettronica. L'esclusione di queste forme di comunicazione in biblioteca potrebbe diventare motivo di allontanamento di molti ragazzi soprattutto quelli che si sono rivolti alla biblioteca per un bisogno scolastico soddisfatto il quale non trovano ragione per continuarlo. Il nostro compito è ricordarci che la biblioteca è un luogo deputato alla riduzione delle difficoltà sociali, un frammento di mondo ordinato e rassicurante in un pianeta sempre più disordinato, aggressivo e minaccioso e il reference può essere il servizio chiave in questa opera di "rassicurazione" che dobbiamo svolgere ogni giorno.

Antonella Agnoli, e-mail: antonella.agnoli@iol.it

Il futuro delle piccole librerie

 
Il futuro delle piccole librerie non è facile a prevedersi. Tuttavia sembra che chi sia in grado di offrire uno spazio accogliente di condivisione e incontro, chi sappia radicarsi nella società e nel territorio, diventandone un punto di riferimento, e  accompagni l’attività con un marketing originale, sopravviva dignitosamente a scapito delle grandi catene.