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Biblioteca Riccardiana, Firenze |
Era il 1980 quando Umberto Eco, riprendendo
un'idea di Borges, mise al centro del suo
Il nome della rosa una biblioteca labirintica, piena di trappole e
leones, continenti nascosti e pagine intinte nel veleno.
Quasi sempre, d'altronde, la biblioteca è uno specchio del mondo e del viaggio attraverso i libri, un luogo in cui ci si perde (succede a Bastian nella
Storia infinita) o in cui si svolgono eventi misteriosi (fino all'omicidio: come
in
The Body In The Library di Agatha Christie). Lo stesso nel cinema: non posso dimenticare l'adorato
Pagemaster, in cui il piccolo Richard vive avventure fantastiche, tutte "libresche", insieme al bibliotecario Mr. Dewey (sì, proprio come il grande Melvil Dewey che inventò il metodo di catalogazione ormai in uso in quasi tutte le biblioteche del mondo), ma in genere le pellicole cinematografiche pullulano di librerie e librai, biblioteche e bibliotecari, come un elemento imprescindibile dell'immaginario mediatico e popolare. Eppure, ultimamente sta succedendo qualcosa di diverso: non nei libri, stavolta, né nei cinema, ma sui
social network e, di conseguenza, sui giornali e nelle reti televisive.