domenica 15 gennaio 2012
sabato 7 gennaio 2012
NEWS, TTL (Tuttolibri, la stampa.it)
06/01/2012 -
Cara biblioteca, sei la mia Babele
MIRELLA SERRI
«I libri sistemati secondo un criterio alfabetico e per generi letterari, dalla narrativa alla filosofia, sono un ricordo del passato. Attualmente l'ordine è saltato, la mia biblioteca è un corpo in decomposizione, i volumi mi invadono e si stanno mangiando la casa, come la vegetazione tropicale divora i monumenti in Cambogia», spiega lo scrittore Raffaele La Capria. Il narratore ha a portata di mano solo alcune pietre miliari della sua raccolta, come le opere di Gide o di Hemingway che lui stesso ha tradotto. «Se voglio consultare un testo, che pure so di possedere, lo ricompro. Faccio prima. Un tempo individuavo i tomi in eccesso con lo stesso metodo con cui i romani mandavano a morte i prigionieri, caso per caso. In questo nuovo anno sfoltirò invece con sterminii di massa». La Capria impugnerà così il machete per una drastica potatura. Ma, per uno scrittore intenzionato a ridimensionare, molti intellettuali sono impegnati a conservare. In che modo organizzano gli amati «ferri del mestiere», i testi del passato e del presente? Quali bussole guidano nei labirinti delle loro biblioteche?
Ttlha girato la domanda a otto autori, per raccogliere le loro indicazioni di improvvisati archivisti e anche le testimonianze sulla libreria-mappa di umori, amori, ripulse, attrazioni più o meno fatali. «Il buen retiro di Roccamare ospita le letterature a me più care, dalla francese alla russa, e poi saggistica, narrativa e lirica. A Roma, tra salotti, corridoi, cantine, soffitte, l'area latino-greca. Si tratta di 40 mila “presenze” che, per i secoli precedenti all'Ottocento, seguono criteri cronologici, mentre il Novecento scorre secondo l'ordine alfabetico», racconta uno dei più raffinati «collezionisti», Pietro Citati, che, se ogni tanto non facesse piazza pulita, avrebbe una biblioteca doppia dell'attuale. «Riordinare», osserva, «è una lotta da cui mi sembra a volte di uscire sconfitto». Anche Andrea Camilleri - nove mila tomi - combatte con i ranghi serrati e pure con i desiderata della famiglia. «L'organizzazione dei libri smuove corde segrete e incendia gli animi», dice il narratore. «Mia moglie, per esempio, si è ritagliata il settore dedicato alla Shoah e quello per le gialliste, che io apprezzo in generale assai poco, tranne Patricia Highsmith. Nel mio studio c'è una sezione speciale, i livres de chevet: Beckett, Joyce, Faulkner, Gogol, Gadda, Savinio, Sciascia, Pirandello».
Franco Cordelli si prende cura di 30 mila presenze disseminate in mensole senza angoli vuoti e che non consentono vuoti di memoria. «Non ne ho, ricordo tutto. I libri, sullo stesso ripiano, sono disposti in più file e alternano posizione verticale e orizzontale, divisi per aree linguistiche e secondo la cronologia. La letteratura francese, per esempio, inizia con Chrétien de Troyes».
Rigore e disposizione alfabetica, all'interno di letteratura, cinema, spettacolo e così via, sono l'opzione di Cristina Comencini. «I miei figli hanno traslocato portando con sé i propri “beni” librari. Ora sto sistemando parecchie new entry, edizioni pregiate provenienti dalla biblioteca di papà», spiega la scrittrice e regista, figlia di Luigi, maestro del cinema e gran lettore. «Vi sono poi gli studi di economia in cui mi sono laureata. Quando scrivo un romanzo attingo dalla storia, mentre per girare i film dalla zona riservata alla fotografia, da Henri Cartier-Bresson a Douglas Kirkland».
A Cabras, nell'appartamento di Michela Murgia, trionfano i colori, con i volumi reperibili a seconda delle case editrici. «La mia originale libreria è composta da colonne di metallo con le opere impilate in orizzontale. Alla sommità - è una mia creazione ferma-libri - ho depositato una mia scarpa, rossa, tortora e nera. Altri settori molto particolari sono la produzione sarda e la teologia». Corrono per le pareti di tre case, da Bari a Roma, e occupano pure le cucine e le toilettes, gli eserciti cartacei di Gianrico Carofiglio. «Anarchia è la parola d'ordine. Rimbaud è vicino a Nietzsche, Patrizia Cavalli e Wislawa Szymborska. Non mi sfugge niente. Conservo anche una raccolta di manuali dove c'è di tutto, dalle arti marziali ai giochi di prestigio».
Federico Moccia, bestsellerista di storie d'amore, anche nella disposizione della biblioteca segue l'appeal dei sentimenti. «Al centro della scaffalatura ci sono gli scrittori emotivamente a me più vicini: Hemingway, Richard Manson, Jay McInerney, Fitzgerald. In alto vi sono i più sorprendenti, da Nick Hornby a David Nicholls. A destra c'è il thriller, da Jeffery Deaver ad Ammaniti. Domina l'arbitrio: Altri libertini di Tondelli confina con Leopardi. Ho intenzione però di cambiare. Sono nel caos». E così, anche per Moccia, il dado è tratto: nei prossimi mesi, nuovo ordine alfabetico.
Ttlha girato la domanda a otto autori, per raccogliere le loro indicazioni di improvvisati archivisti e anche le testimonianze sulla libreria-mappa di umori, amori, ripulse, attrazioni più o meno fatali. «Il buen retiro di Roccamare ospita le letterature a me più care, dalla francese alla russa, e poi saggistica, narrativa e lirica. A Roma, tra salotti, corridoi, cantine, soffitte, l'area latino-greca. Si tratta di 40 mila “presenze” che, per i secoli precedenti all'Ottocento, seguono criteri cronologici, mentre il Novecento scorre secondo l'ordine alfabetico», racconta uno dei più raffinati «collezionisti», Pietro Citati, che, se ogni tanto non facesse piazza pulita, avrebbe una biblioteca doppia dell'attuale. «Riordinare», osserva, «è una lotta da cui mi sembra a volte di uscire sconfitto». Anche Andrea Camilleri - nove mila tomi - combatte con i ranghi serrati e pure con i desiderata della famiglia. «L'organizzazione dei libri smuove corde segrete e incendia gli animi», dice il narratore. «Mia moglie, per esempio, si è ritagliata il settore dedicato alla Shoah e quello per le gialliste, che io apprezzo in generale assai poco, tranne Patricia Highsmith. Nel mio studio c'è una sezione speciale, i livres de chevet: Beckett, Joyce, Faulkner, Gogol, Gadda, Savinio, Sciascia, Pirandello».
Franco Cordelli si prende cura di 30 mila presenze disseminate in mensole senza angoli vuoti e che non consentono vuoti di memoria. «Non ne ho, ricordo tutto. I libri, sullo stesso ripiano, sono disposti in più file e alternano posizione verticale e orizzontale, divisi per aree linguistiche e secondo la cronologia. La letteratura francese, per esempio, inizia con Chrétien de Troyes».
Rigore e disposizione alfabetica, all'interno di letteratura, cinema, spettacolo e così via, sono l'opzione di Cristina Comencini. «I miei figli hanno traslocato portando con sé i propri “beni” librari. Ora sto sistemando parecchie new entry, edizioni pregiate provenienti dalla biblioteca di papà», spiega la scrittrice e regista, figlia di Luigi, maestro del cinema e gran lettore. «Vi sono poi gli studi di economia in cui mi sono laureata. Quando scrivo un romanzo attingo dalla storia, mentre per girare i film dalla zona riservata alla fotografia, da Henri Cartier-Bresson a Douglas Kirkland».
A Cabras, nell'appartamento di Michela Murgia, trionfano i colori, con i volumi reperibili a seconda delle case editrici. «La mia originale libreria è composta da colonne di metallo con le opere impilate in orizzontale. Alla sommità - è una mia creazione ferma-libri - ho depositato una mia scarpa, rossa, tortora e nera. Altri settori molto particolari sono la produzione sarda e la teologia». Corrono per le pareti di tre case, da Bari a Roma, e occupano pure le cucine e le toilettes, gli eserciti cartacei di Gianrico Carofiglio. «Anarchia è la parola d'ordine. Rimbaud è vicino a Nietzsche, Patrizia Cavalli e Wislawa Szymborska. Non mi sfugge niente. Conservo anche una raccolta di manuali dove c'è di tutto, dalle arti marziali ai giochi di prestigio».
Federico Moccia, bestsellerista di storie d'amore, anche nella disposizione della biblioteca segue l'appeal dei sentimenti. «Al centro della scaffalatura ci sono gli scrittori emotivamente a me più vicini: Hemingway, Richard Manson, Jay McInerney, Fitzgerald. In alto vi sono i più sorprendenti, da Nick Hornby a David Nicholls. A destra c'è il thriller, da Jeffery Deaver ad Ammaniti. Domina l'arbitrio: Altri libertini di Tondelli confina con Leopardi. Ho intenzione però di cambiare. Sono nel caos». E così, anche per Moccia, il dado è tratto: nei prossimi mesi, nuovo ordine alfabetico.
giovedì 5 gennaio 2012
Chiara Valerio sulle "biblioteche piazze del sapere"
L'articolo è uscito su L'unità del 4 gennaio 2012. A questo link (ricavato dal bel sito dell'editore Laterza), il PDF :
http://www.laterza.it//images/stories/pdf/9788842089919_agnoli_lunita_04-01-12.pdf
L'Unità sta facendo una serie di articoli, inchieste, racconti, su "Leggere: un bene comune".
Il 30 dicembre è uscito l'articolo di G. Liviano D'Arcangelo sui "Circoli dei lettori".
http://www.laterza.it//images/stories/pdf/9788842089919_agnoli_lunita_04-01-12.pdf
L'Unità sta facendo una serie di articoli, inchieste, racconti, su "Leggere: un bene comune".
Il 30 dicembre è uscito l'articolo di G. Liviano D'Arcangelo sui "Circoli dei lettori".
lunedì 2 gennaio 2012
Ode alla biblioteca
Viola Bianchetti da www.finzionimagazine.it
La biblioteca è il santuario del lettore. Chi di noi bibliofili, di fronte allo spettacolo di migliaia di volumi che occhieggiano invitanti da interminabili scaffali, non si è sentito accolto nella sua vera casa? La biblioteca è un luogo sacro e intimo al tempo stesso: da amare, rispettare, venerare.
Lo sa bene la pantegana Firmino, nata nel seminterrato della libreria Pembroke Books. Il ratto del romanzo di Savage è un vero goloso di pagine: dopo essersene nutrito per sopravvivere all’abbandono materno, si è accorto che i libri sono molto più gustosi da divorare metaforicamente e ha scoperto nella lettura un universo entusiasmante e idilliaco. La libreria salva Firmino dallo squallore di un mondo gretto e meschino, offre conforto al dolore per la sua insignificanza, solitudine, inadeguatezza, rende possibile la fuga in una realtà migliore.
E lo sa altrettanto bene il quindicenne Tamura Kafka, il quale, fuggito di casa, trova ospitalità presso una biblioteca privata. Qui il ragazzo stringe un forte legame con il factotum Oshima e giunge a realizzare il proprio destino nell’incontro con la misteriosa Saeki. La biblioteca è uno spazio dove ritrovare sé stessi e diventare adulti.
Ma non sempre la biblioteca è un luogo positivo e sereno. Infatti ciascun libro può avere un valore inestimabile o nessuna rilevanza, un significato assolutamente benefico o assolutamente malvagio, può essere fonte di conoscenza o di confusione ed ignoranza. E allora la biblioteca, che per sua natura preserva il patrimonio librario nella sua totalità, ha una sua moralità? E’ legittimo voler conoscere ogni cosa oppure ci sono segreti che devono rimanere tali? Ma soprattutto: chi ha la capacità di distinguere cosa va nascosto e cosa va rivelato? Il nome della rosa pone questi interrogativi: qui la biblioteca è la sede di un sapere proibito e oscuro, un labirinto in cui le menti degli uomini si smarriscono nell’inganno e nell’errore, un teatro di delitti e follie.
Ma proprio per il fatto di racchiudere verità e menzogna, bene e male, la biblioteca costituisce una splendida metafora dell’universo stesso. Ne La biblioteca di Babele Borges immagina una «Biblioteca totale», i cui «scaffali registrano tutte le possibili combinazioni dei venticinque simboli ortografici (numero, anche se vastissimo, non infinito) cioè tutto cioè ch’è dato di esprimere, in tutte le lingue». Si tratta di un cosmo governato da una rigida legge matematica e allo stesso tempo caotico: il numero degli eventi possibili è enorme ma non infinito, le informazioni si dispiegano per estensioni incommensurabili di tempo e spazio ma alla fine ritornano a ripetersi, la maggior parte dei segni è senza significato o incomprensibile, ma da qualche parte si trova anche la Verità. L’uomo non può che smarrirsi in questa immensità, ma conserva la consapevolezza della presenza di un ordine, di uno schema provvidenziale, e dell’esistenza di una Verità unica e suprema.
Ma le biblioteche non hanno sempre avuto la forma a noi familiare. Nell’antichità il sapere era custodito in un luogo diverso ma altrettanto sicuro e vasto: la prodigiosa memoria degli aedi. I cantori ricordavano e recitavano una quantità enorme di versi, preservando l’intero patrimonio di conoscenze. E oggi? Forse siamo di fronte a qualcosa di simile: il destino della biblioteca è quella di digitalizzarsi e sparire come luogo fisico, così come quello dei libri è di essere letti su supporti informatici e non come tomi cartacei. Ma non per questo essa perderà il suo fascino, anzi. La biblioteca digitale apre prospettive ancora più oniriche ed evocative: un immenso spazio virtuale, più ricco di qualsiasi collezione fisica, dove la mente del lettore può errare libera, dove sono possibili ancora più relazioni, scambi e interpolazioni fra libri e lettori, fra fantasie individuali e collettive, fra autore e pubblico. Pensate a cosa Borges avrebbe potuto vedere in uno scenario simile. Oppure immaginiamolo e creiamolo noi.
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